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La più bella serata della mia vita


La più bella serata della mia vita locandina

Un industriale romano, Alfredo Rossi, viaggia verso la Svizzera proveniente da Milano.
A bordo della sua auto ha una grossa somma di denaro, che l’uomo deve esportare in barba alle leggi valutarie.
L’arrivo in Svizzera riserba all’uomo una sgradita sorpresa; la banca dove deve depositare il denaro è chiusa, per cui Alfredo si ritrova nell’imbarazzo di dover occupare il suo tempo in attesa della riapertura della banca stessa.
Si mette quindi alla ricerca di un albergo, ma si imbatte in una motociclista e la segue lungo le montagne.
Un nuovo imprevisto lo blocca ancora: la sua Maserati si pianta di colpo, così alla fine si reca ad un vicino castello per chiedere ospitalità.

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Qui si imbatte in un “simpatico” gruppo di ex magistrati che vivono sotto lo stesso tetto dopo essere andati in pensione.
Per gioco, Alfredo accetta di farsi processare dai quattro, che sembrano sapere sul suo conto molto di più di quello che Alfredo racconta.
Così poco alla volta lo squallore morale del personaggio emerge, sotto le domande incalzanti dei quattro giudici.
Il rito si conclude con la sua condanna a morte: così Alfredo, dopo una serata di bagordi, va a letto e durante la notte sogna di andare a morte mentre la bella motociclista (che lo ha servito a tavola durante la serata precedente) gli gira attorno con la moto.

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La mattina, ancora spaventato dal sogno della notte, Alfredo si vede recapitare il conto della sua permanenza al castello.
I quattro giudici infatti usano il sistema di creare tutta la messinscena proposta ai danni di Alfredo a tutti i turisti facoltosi che hanno la ventura di capitare nel loro castello.
Alfredo paga e va via ma lo attende una bruttissima sorpresa….

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Tratto da un romanzo di Friedrich Dürrenmatt, La panne. Una storia ancora possibile edito nel 1956, La più bella serata della mia vita esce sugli schermi italiani nel 1972, diretto da Ettore Scola e su sceneggiatura dello stesso regista e di Sergio Amidei.
Il film si differenzia molto dal romanzo, e questo non aiuta di certo l’economia del film che si smarrisce per due motivi fondamentali
-Il primo è la presenza di un Alberto Sordi bravo ma strabordante, egocentrico che ingombra con il suo talento finendo per diventare l’elemento accentratore del film e lasciando in disparte tutto il resto; i quattro giudici, francesi non solo per nascita ma anche per flemma, sembrano annichiliti dalla vitalità dell’Albertone;

– il secondo è la mancanza di un ritmo lineare della pellicola, che accelera, decelera e poi sonnecchia per lunghi tratti.
Molte le differenze con il testo teatrale, troppe; se nel film troviamo ancora i quattro giudici che imputano ad Alfredo il delitto da lui commesso ai danni del suo ex principale, alla fine il film si discostra troppo dal finale del testo originale.
Mentre nel romanzo Alfredo sceglie in qualche modo di pagare i suoi errori con un suicidio rituale, nel film le cose cambiano radicalmente ed Alfredo trova la morte in ben altro modo, quindi non scegliendo personalmente l’espiazione, ma subendola dal caso.
Scola, uno dei maestri del cinema italiano, tenta di dare un percorso personale al film, ma alla fine se ne discosta troppo e trasforma la drammaticità del racconto di Dürrenmatt in qualcosa di completamente diverso; Sordi contribuisce in maniera determinante così alla fine manca proprio l’omogeneità al racconto.

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Pure il film non è da bocciare, perchè per alcuni tratti proprio le sue pecche conferiscono un tono di leggerezza al racconto che lo rendono quasi simile ad una commedia.
E qui vale il solito discorso sulle possibilità di adattare con accuratezza testi letterari nati per ben altri scopi; Scola fa come buona parte di coloro che riduce pieces per teatro o letterarie, modifica a suo piacimento senza badare all’aderenza con il testo originale.
Fa bene, fa male?

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Visto il risultato la risposta sarebbe scontata, ma va anche detto che perlomeno ci prova, discostandosi anche da buona parte della produzione del cinema di inizi anni settanta, quasi sempre poco attento a tematiche “profonde”
Per quanto riguarda i quattro giudici, Scola sceglie i mostri sacri del cinema francese: Michel Simon, Charles Vanel, il meno conosciuto Claude Dauphin e Pierre Brasseur lo ripagano con  interpretazioni quasi in carta carbone.
Poco liberi di muoversi a piacimento, i quattro subiscono lo strapotere di sordi e si limitano a svolgere il loro compitino.

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Bene invece l’affascinante Janet Agren in un ruolo che l’attrice sente e che svolge nel migliore dei modi.
In ultimo, segnalazioni di merito per le musiche di Armando Trovajoli e per la fotografia di Claudio Cirillo.
La più bella serata della mia vita, di Ettore Scola, con  Janet Agren, Alberto Sordi, Michel Simon, Charles Vanel, Pierre Brasseur, Jean-Claude Dauphin, Claude Dauphin, Bruno Boschetti, Giuseppe Maffioli
Commedia,  durata 108 min. – Italia 1972.

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La più bella serata della mia vita banner personaggi

Alberto Sordi: Alfredo Rossi
Michel Simon: Avvocato Zorn
Janet Agren: Simonetta
Charles Vanel: Giudice Dutz
Claude Dauphin: cancelliere Bouisson
Pierre Brasseur: Conte La Brunetiere
Giuseppe Maffioli: Pilet

La più bella serata della mia vita banner cast

Regia     Ettore Scola
Soggetto     La panne. Una storia ancora possibile
Sceneggiatura     Ettore Scola, Sergio Amidei
Produttore     Dino De Laurentiis
Fotografia     Claudio Cirillo
Montaggio     Raimondo Crociani
Musiche     Armando Trovajoli
Scenografia     Luciano Ricceri

Citazioni dal romanzo:
“Noi quattro qui seduti a questo tavolo siamo ormai in pensione e perciò ci siamo liberati dell’inutile peso delle formalità, delle scartoffie, dei verbali, e di tutto il ciarpame dei tribunali. Noi giudichiamo senza riguardo alla miseria delle leggi e dei commi.”

“Il suo è un delitto perpetrato in modo così raffinato da essere brillantemente sfuggito, è ovvio, alla giustizia dello stato”

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febbraio 19, 2011 - Posted by | Commedia | , , , ,

6 commenti »

  1. Non condivido parti della critica.
    Lo strabordare di Sordi è tipico del personaggio, se fosse stato più limitato, forse il film avrebbe perso parte del senso. Lasciando da parte il testo letterario (non credo che il film debba essere la semplice riproposta di un testo, lasciamolo a Harry Potter), il film è la rappresentazione di un modo di essere che se andiamo a vedere cosa succedeva in certi luoghi, non è poi così inconsueto incontrare persone reali con tali caratteristiche.
    E proprio queste caratteristiche, la realtà che non viene vista dal personaggio se non nella sua personale ottica, per poi rivedere un’altra realtà che si costruisce nel castello, ed ancora un’altra realtà che sembra chiudere la vicenda, apparentemente banalmente, ma poi una nuova e definitiva domanda su quale possa essere la realtà, non può non avere tensioni e rallentamenti, eccessi e uscite “fuori dal coro” di un personaggio che nel coro proprio non c’è.

    Commento di bruno | giugno 22, 2012 | Rispondi

    • Probabilmente saprai che non amo alla follia Sordi, sicuramente parte della mia critica è distorta da questa scarsa considerazione che ho per l’attore romano. In quest’ottica è ovvio che abbia espresso qualche giudizio che assomiglia più ad un pregiudizio 🙂 Tuttavia, anche se il film è bello, non lo considero un capolavoro per le ragioni esposte. Comunque sia, ottime le tue argomentazioni, ciao 🙂

      Commento di paultemplar | giugno 23, 2012 | Rispondi

  2. Credo che la scelta di Sordi sia stata particolarmente azzeccata per il ruolo di Alfredo: il contrasto generato dalla personalità del simpatico commerciante e i toni seri verso cui verte inaspettatamente la serata al castello è straordinario. Rende perfettamente l’idea di quello che è senza dubbio l’artificio principale su cui fa leva tanto il libro quanto il film: la sottile differenza tra finzione e realtà, tra giuoco e vita reale. Per intenderci: la sfrontatezza e la simpatia di Alfredo riconducono lo spettatore ai noti film della “commedia all’ italiana”, alla risata che regna sovrana e al protagonista (Sordi in questo caso) che guida la narrazione e che in qualche modo ha tutto sotto controllo. In questo film si arriva però fin da subito ad elementi di contrasto: basti guardare l’intenso primo piano della motociclista nella prima scena dell’inseguimento. Ha già un sapore drammatico. Risata più tragedia. Tratti tipici della corrente cannibale, nata anni più tardi con scrittori del calibro di Ammaniti. Accostamento che, se fatto senza i dovuti criteri, perde ogni suo possibile significato e non trasmette nulla. Ma se fatto su basi solide, con il cast giusto e soprattutto sulla base di un grande romanzo, allora ti lascia in bocca un sapore particolare, bello, forte, capisci che nella vita, in un modo o nell’altro, tutti i nodi vengo al pettine e la quadratura dell’universo diviene tangibile.

    Commento di Alessandro | gennaio 2, 2013 | Rispondi

    • Curiosamente questo film non ha avuto commenti universalmente positivi; io lo considero un ottimo prodotto e una delle prove più riuscite del grande Sordi 🙂

      Commento di paultemplar | gennaio 2, 2013 | Rispondi

  3. Per me è davvero un gran film,diretto magistralmente da Scola e interpretato altrettanto magistralmete da Sordi,anzi,secondo me è una delle sue migliori interpretazioni,anche se questo film non è famoso come lo sono invece altri film meno risuciti e magari con un Sordi più giggioneggiante e meno impegnato(penso ad alcuni film diretti ad esempio da lui stesso,esempio “Il tassinaro” o “Amore mio aiutami” due film appena sufficienti ma famossissimi).Poi,in un periodo di furbastri,evasori e cinici patologici,un film del genere,così cattivo e amaro,è un monito grande come una casa;guarda il finale e lo si accorge questo monito,questa condanna morale,dura e spietata.Quelli erano i registi di una volta:Monicelli,lo stesso Scola,Salce,Petri,Pietrangeli,Germi,Magni ecc.Ora chi c’è?Si vabbè,Lucchetti è bravino ad esempio,Virzì non è disprezzabile,ma sono solo due piccolissime luci in una tenebra pazzesca.Il cinema di oggi è poco propositivo ideologicamente parlando e neanche le facce da arruolare sono più quelle di una volta.Insomma perdere la voglia di andare al cinema dopo i 40,diviene sempre più facile.Tornando al film qui recensito,secondo me è un piccolo gioiello del nostro cinema,piccolo in quanto non notissimo come altri film di Sordi e Scola.
    Buon 2013!!!!

    Commento di Beppe | gennaio 2, 2013 | Rispondi

    • Analisi lucida, la tua. Purtroppo hai ragione, ma c’è anche da considerare il fatto che oggi il cinema ha senz’altro meno spazio rispetto al passato.
      In quanto a Sordi, questo film (con il Marchese del Grillo) è da considerare la sua interpretazione migliore. E Scola è un grande regista.Ciao e buon anno a te. 🙂

      Commento di paultemplar | gennaio 2, 2013 | Rispondi


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