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Jesus Christ Superstar


Jesus Christ Superstar locandina

Jesus Christ Superstar, celebre opera rock di Tim Rice (autore dei testi) e di Andrew Lloyd Webber (autore delle musiche) venne portata sullo schermo nel 1973 da Norman Jewison, uno dei più grandi registi di sempre.
Il regista canadese, quarantasettenne all’epoca del film, aveva già alle spalle alcune pietre miliari del cinema, come La calda notte dell’ispettore Tibbs (premio Oscar) e Il violinista sul tetto.
Una solida fama quindi, che il regista non esitò a giocarsi con un’opera che apparve da subito coraggiosa e provocatoria.
A cominciare dalla trasposizione delle figure di Gesù e di tutti i protagonisti della storia evangelica, viste in un’ottica assolutamente diversa dal consueto.
Quello che Jewison porta sullo schermo non è certo il Gesù del Rei dei re, polpettone hollywoodiano di grande effetto ma sicuramente copia conforme dei Vangeli canonici, bensì un Gesù umanizzato fino alle estreme conseguenze, principalmente un uomo che ha paura sia del suo compito che appare davvero troppo pesante sia della morte che fatalmente concluderà il suo cammino sulla terra.

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Per contro troviamo la figura di Giuda, l’apostolo “traditore”, così dipinto dall’iconografia cristiana calato in un ruolo che sembra preso proprio dal Vangelo apocrifo scritto dallo stesso Giuda.
Un uomo tormentato, che si rende conto di essere la comparsa e non il protagonista di una storia già scritta, in cui il suo destino è fatalmente segnato.

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Così come sarà segnato per sempre il suo nome, macchiato dall’onta del tradimento.
Due figure quindi umanizzate al massimo e inserite in un contesto che non ha nulla a che vedere con quello raccontato dai Vangeli; Gesù, Giuda e marginalmente gli altri apostoli si muovono in un paesaggio post moderno, in cui c’è spazio per carri armati e armi moderne, caschi da minatori e impalcature in tubo Innocenti.
Il tutto rigorosamente scandito dalle stupende musiche di Webber che accompagnano il film dal suo inizio fino alla conclusione, con la celebre sequenza del ballo di Giuda che canta Superstar.
JCS, acronimo utilizzato ormai universalmente per indicare l’opera rock e il film è uno dei capolavori assoluti della cinematografia.
Jewison riesce a creare attorno alla figura di Gesù un paesaggio e un clima assolutamente asettici, portando in scena pochi personaggi e quindi scegliendo volutamente un tono dimesso per illustrare la più grande storia mai raccontata, termine magniloquente con il quale Hollywood rese omaggio alla figura di Gesù con un altro celebre polpettone.
Qui però siamo di fronte a qualcosa di completamente diverso; se Gesù è “bianco” e verrebbe voglia di definirlo wasp, Giuda è nero come la Maddalena. Un riequilibrio storico assolutamente innovativo, come doveva essere nella realtà il personaggio non solo di Giuda ma anche degli apostoli e dello stesso Messia.

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Essendo di origine giudaica, perlomeno dovevano avere la pelle molto più scura di quanto mostrato fino ad allora in tutte le opere che avevano trattato la figura del Salvatore: un Giuda nero è una novità assoluta, così come una novità è la figura dell’apostolo prediletto, quella Maria Maddalena che in seguito l’iconografia cristiana ( e sopratutto la chiesa post Concilio di Nicea) dipingerà come prostituta redenta e che in realtà era una donna culturalmente superiore ai suoi compagni di vicissitudini e che finanziò la predicazione del Messia.

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Mentre quest’ultima serie di cose nel film non compaiono, vediamo però Maria Maddalena turbata da un’amore che è si trascendente e spirituale ma che sconfina in quello terreno verso un uomo che sente non può appartenerle, che sente investito da una missione al di sopra delle passioni umane.
Quando la bellissima voce di Yvonne Elliman intona I Don’t Know How To Love Him, quel “non so come volergli bene” indica il tormento interiore della donna, combattuta tra l’amore terreno e quello spirituale, trascendentale verso un uomo che è tale solo nell’involucro e non certo nella sua essenza.

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Jewison trasporta lo spettatore in una visione straordinaria del percorso terreno di Gesù tra hippy e sinistri sacerdoti che tramano contro di lui per sete di potere e per paura, tra figure indistinte di Apostoli tra le quali l’unica a prendere corpo e anima è quella di Giuda e gente comune che ascolta il messaggio di un uomo straordinario che però sembra davvero solo tale.
Ovvero un uomo, con paure e fobie, con speranze e disillusioni, tipiche dell’umanità dolente fra la quale si muove.
JCS è anche, anzi, sopratutto, un musical.
Bellissimo, raffinato, straordinariamente capace di sintetizzare momenti e situazioni con musiche eccellenti.
Dalla Overture iniziale, che ci mostra l’arrivo del camioncino della troupe, passando per  Heaven On Their Minds nel qule proprio Giuda è protagonista,

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con il suo timore che le rivoluzionarie parole di Gesù possano provocare la dura reazione dei Romani fino a What’s The Buzz, Strange Thing Mystifying ,Hosanna, Superstar ecc. assistiamo ad un trionfo di musiche corali e per solista che celebrano in qualche modo gli avvenimenti che sfilano sotto i nostri occhi.
Così l’ultima settimana di vita del Messia condensa l’intera esistenza dello stesso, quasi che il suo messaggio possa essere compreso in un arco temporale che va dall’Hosanna dell’entrata in Gerusalemme fino alla crocefissione del Calvario.

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Se è vero che JCS non è totalmente esente da pecche ( scena molto discutibile quella del gay aggindato come una volgare checca che balla in maniera effeminata), tuttavia resta opera di estremo fascino.
Il musical ha donato autentiche perle al cinema; basti pensare a West side story, Cabaret, Cantando sotto la pioggia, Hair e My Fair Lady solo per citarne alcuni.
Tuttavia JCS ha qualcosa che lo rende “superiore” agli altri, se mi passate il termine.
Ovvero quella carica innovativa, trasgressiva e coraggiosa di sfrondare la figura storica di Gesù così come raccontata dai Vangeli dalla retorica che nei secoli successivi il cristianesimo ha ritagliato su di lui.
In qualche modo il nostro più grande poeta, Fabrizio De Andrè, aveva anticipato la visione di Jewison musicando La buona novella, opera fondamentale per chiunque voglia avvicinarsi ad un Gesù visto anche e sopratutto come uomo e non solo come figlio di Dio.

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In questo i due grandi artisti, pur in campi differenti, si congiungono.
Fabrizio De Andrè chiude il suo concept album con un Laudate hominem che racchiude una visione laica e dubitativa sulla divinità di Gesù, preferendo esaltarne le qualità umane in particolare “la pietà che non cede al rancore”.
Jewison si ferma un attimo prima, perchè aldilà dei tanti meriti il film resta comunque una trasposizione di un musical teatrale: geniale quanto si vuole, ma anche poco profondo non per demeriti del regista, ma per la diversa struttura dell’opera.

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E’ la solita vecchia storia: raffigurare e condensare in due ore un libro o un tema è operazione quasi impossibile.
Tuttavia siamo di fronte ad un’opera bellissima, poetica e sentita.
E sicuramente oggi si può anche sorridere dell’ondata di sdegno che travolse il film in virtù della sua presunta iconoclastia.
Le reazioni velenose, i crucifige e gli anatemi scagliati sul regista, accusato di essere blasfemo, mostrano la totale miopia non solo di certi ambienti culturali ma anche una sospetta astiosità, tipica di colui che giudica e critica senza probabilmente sforzarsi minimamente di comprendere il messaggio di fondo.

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Personalmente, dovessi scegliere due momenti topici del film, quelli che restano nella memoria in maniera imperitura, opterei per la drammatica sequenza racchiusa dal brano Judas’ Death, in cui Giuda ha ormai capito che i sacerdoti non vogliono assolutamente limitare l’azione di Gesù, bensì eliminarlo fisicamente, cosa che provocherà la sua morte mediante suicidio che avviene con un’impiccagione drammatica su un isolato albero in collina.
L’altro momento è quello già descritto in cui c’è il tema più famoso del film, quel Superstar cantato e ballato perfettamente da Carl Anderson.
L’attore presta la sua voce e il suo volto a Giuda, così come Ted Neeley interpreta Gesù.
Biondo, bello e anche non espressivo al massimo: ma è un vantaggio, perchè da corpo ad un Gesù che sembra spaesato.
Meravigliosa Yvonne Elliman.

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Jesus Christ Superstar,un film di Norman Jewison. Con Ted Neely, Carl Anderson, Yvonne Elliman, Barry Dennen, Bod Bingram,Robert LuPone, Joshua Mostel, Bob Bingham, Larry T. Marshall, Kurt Yaghjian, Philip Toubus, Pi Douglass, Jonathan Wyne, Thommie Walsh, Richard Molinaire, David Devir, Jeffrey Hyslop, Richard Orbach, Shooki Wagner
Musical,  durata 103 min. – USA 1973.

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Jesus Christ Superstar banner personaggi

Ted Neeley: Gesù Cristo
Carl Anderson: Giuda Iscariota
Yvonne Elliman: Maria Maddalena
Barry Dennen: Ponzio Pilato
Bob Bingham: Caifa
Larry Marshall: Simone Zelota
Josh Mostel: Re Erode
Kurt Yaghjian: Anna
Paul Thomas: Pietro

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Regia     Norman Jewison
Soggetto     Tim Rice (musical)
Sceneggiatura     Norman Jewison, Melvyn Bragg
Produttore     Norman Jewison, Patrick J. Palmer, Robert Stigwood
Fotografia     Douglas Slocombe
Montaggio     Antony Gibbs
Musiche     Andrew Lloyd Webber
Scenografia     Richard McDonald


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Lato uno

* Overture – 5:26
* Heaven on Their Minds – 4:22
* What’s the Buzz? – 2:30
* Strange Things Mystifying – 1:50
* Then We Are Decided – 2:32
* Everything’s Alright – 3:36
* This Jesus Must Die – 3:45

Lato due

* Hosanna – 2:32
* Simon Zealotes – 4:28
* Poor Jerusalem – 1:36
* Pilate’s Dream – 1:45
* The Temple – 5:26
* I Don’t Know How to Love Him – 3:55
* Damned for All Time / Blood Money – 4:37

Lato tre

* The Last Supper – 7:12
* Gethsemane (I Only Want to Say) – 5:39
* The Arrest – 3:15
* Peter’s Denial – 1:26
* Pilate & Christ – 2:57
* King Herod Song – 3:13

Lato quattro

* Could We Start Again, Please? – 2:44
* Judas Death – 4:38
* Trial Before Pilate – 6:47
* Superstar – 3:56
* Crucifixion – 2:40
* John Nineteen: Forty-One – 2:20


Le recensioni appartengono al sito http://www.davinotti.com

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Migliore trasposizione possibile dello splendido musical di Al Webber, si rivela un magnifico film, che aggiunge, agli ottimi numeri musicali già noti, una bellissima ambientazione ed un carattere ibrido tra storico e moderno che, a oltre trent’anni dalla sua realizzazione, lungi dall’essere superata, mantiene indatta la sua attualità. Alcune scene (come la crocifissione) sono di fortissimo impatto emotivo. Bravi gli interpreti, specialmente Anderson (tormentato Giuda), vero protagonista del film.

Destinato a diventare un cult, per via della poderosa messa in scena e per la cura delle scenografie. Anche le musiche, che costituiscono l’ossatura dell’intera pellicola, sono destinate a superare – con risultati ottimali – il trascorrere degli anni: e questi sono i pregi. Noiosetto, semplice, ruffiano ed imbastito sulla semplice operazione di somma aritmetica con numeri primi – che complessi non ve n’è ombra – quali musica + affascinanti attori + una spruzzatina di catto-mania. I difetti in(somma) annullano i meriti. Da vedere comunque.

Posto che nessuno (vero?) è più in grado di prendere sul serio l’idea di mostrare Giuda come un agit-prop deluso che Gesù non diventi il subcomandante Jesus contro quei fascistoni di romani guidati dal console Nixon, cosa rimane? Parecchio kitschume, e tuttavia della musica ancora notevole, con qualche pezzo memorabile, anche se rispetto alla prima versione discografica si perde molto nel ruolo di Cristo, originariamente affidato alla devastante ugola di Ian Gillan dei Deep Purple (!). Invecchiato male.

Gli ultimi giorni della vita di Gesù nel bellissimo musical di Rice e Webber, ben sostenuto dalla straordinaria interpretazione di Carl Anderson (Giuda). La regia di Jewison è molto Anni Settanta, con zoomate e fermi immagine, con apostoli post-hippy e anacronismi. Ma l’impatto rimane notevole e Giuda che nel deserto è inseguito dai carri armati crea un emozionante cortocircuito con il purtroppo sempreverde conflitto israelo-palestinese.

Sarà che non impazzisco per i musical, ma non mi ha entusiasmato più di tanto. Ho però trovato straordinario Carl Anderson. Non è certo un brutto film, ma ha qualche pacchianeria di troppo. Apprendo da IMDb che l’attore che interpreta Pietro (e che nella realtà si chiama Paolo: Paul Thomas, qui accreditato come Philip Toubus), paradossalmente ha poi avuto una chilometrica carriera nel cinema pornografico. Lavora, non accreditato, nel massaccesiano Emanuelle – perché violenza alle donne? Incredibile.

Deludente trasposizione dello splendido musical di Weber che a suo tempo fece scandalo e storia. Il problema fondamentale è che la pellicola risulta ormai troppo datata e legata al tempo in cui fu girata. In ogni caso le belle trovate non mancano (e poi ci sono le splendide e trascinanti canzoni che continuano a mantenere ancor oggi intatta tutta la loro bellezza).

L’umanità del Cristo viene esaltata dal crogiolo emotivo di Giuda che vede l’uomo che ama farsi, agli occhi della gente, più importante del messaggio che comunica. Larga parte della riuscita calibratura tra rivisitazione e ortodossia deriva da una lungimirante e coraggiosa definizione dei comprimari (l’impotenza di Pilato, la passione materna di Maddalena), perché la storia di una Star è il suo pubblico a raccontarla. L’idea della rappresentazione (lo show) che dà cornice al film, riconnette la novella tanto all’urgenza di ritualizzare il sacro quanto ad una sana, destabilizzante iconoclastia.

Ottima trasposizione cinematografica della celeberrima rock opera di Tim Rice e Andrew Lloyd Webber. Molto interessante la scelta effettuata dagli autori di mostrare il punto di vista di Giuda Iscariota e le motivazioni del suo tradimento. Le musiche sono bellissime e la loro trasposizione in immagini molto ben riuscita. Uno dei musical più belli mai realizzati, da vedere assolutamente.

Un film dei suoi tempi a cui non si può rinfacciare la mancanza di forza nella messinscena. E la colonna sonora, una volta tanto, è veramente di alta qualità senza le menate dei musical ma quasi vero rock. Gli interpreti sono azzeccati; oggi molte cose possono sembrare ingenue (tipo Giuda nero, ma era un’idea forte al tempo) però resta migliore della Passione di Mel Gibson, libertario qui dove là c’è solo fanatismo. Non parliamo del Gesù di Zeffirelli poi…

Visione molto datata che si avvale di splendide musiche e coreografie trascinanti, anche se talvolta sembra di stare dalle parti di Hair. Il film è discontinuo e poi, lo devo dire, Erode mi sembra il cugino grasso di Al Bano Carrisi: ogni volta che vedo quella scena mi viene da ridere. Ok, torno seria: è un film figlio del suo tempo, con un finale che commuove ogni volta.

Anche a distanza di anni, il celebre musical fra sacro e profano non perde il suo smalto, grazie al valore intrinseco delle musiche e ad un soggetto intrigante, che non dissacra la figura del Cristo, pur insistendo comunque sulla sua umanità. Penso e spero che sia un film per credenti e non credenti, proprio perchè valorizza aspetti di una comune umanità, e svolge un discorso non banale sul rapporto col sacro.

Se si fosse impossibilitati per qualsiasi ragione a vedere almeno una volta nella vita “Jesus Christ Superstar” a teatro, allora questa versione cinematografica risulta davvero utile: riesce a trasferire in maniera ottimale l’atmosfera del musical originale. Sicuramente la migliore performance è quella di Giuda, bravissimo sia come cantante che in generale come attore.

Ottima trasposizione cinematografica dell’opera rock teatrale di Lloyd Webber. La figura di Cristo viene mostrata durante la sua ultima settimana di vita. Lo sguardo della narrazione è quello di Giuda che, attraverso la messa in discussione delle parole del Messia, mostra la figura di Gesù come “umana” più che divina (Gesù nn compie alcun miracolo). Le location israeliane sono spettacolari e d’impatto. Un musical evergreen che lascia stampate nella mente i bellissimi brani e le suadenti voci che le interpretano: tra tutti Anderson e Neeley.

La più bella caratteristica del film è la mancanza di parti recitate a favore di un totale scorrimento di canzoni. Ottimo cantante Carl Anderson (tra l’altro morto qualche anno fa), che stupisce con un’interpretazione originale e più umana di Giuda. In generale il film mi sembra attempato e certe musiche sono abbastanza scontate, nonostante il grande successo del musical.

I don’t know how to love him.
What to do, how to move him.
I’ve been changed, yes really changed.
In these past few days, when I’ve seen myself,
I seem like someone else.
I don’t know how to take this.
I don’t see why he moves me.
He’s a man. He’s just a man.
And I’ve had so many men before,
In very many ways,
He’s just one more.
Should I bring him down?
Should I scream and shout?
Should I speak of love,
Let my feelings out?
I never thought I’d come to this.
What’s it all about?
Don’t you think it’s rather funny,
I should be in this position.
I’m the one who’s always been
So calm, so cool, no lover’s fool,
Running every show.
He scares me so.
I never thought I’d come to this.
What’s it all about?
Yet, if he said he loved me,
I’d be lost. I’d be frightened.
I couldn’t cope, just couldn’t cope.
I’d turn my head. I’d back away.
I wouldn’t want to know.
He scares me so.
I want him so.
I love him so.

dicembre 22, 2010 - Posted by | Capolavori | , , ,

3 commenti »

  1. […] Tετέλεσται (John 19:30). JESUS(after the 39 lashes): «Everything is fixed, and you can’t change it», PILATE(wanted to save Him): «You’re a fool Jesus Christ: How can I help you?». JUDAS’ SPIRIT(descended from Heaven – still doubtful and skeptical – with a dancing chorus-angels): «Why did you choose such a backward time in such a land? If you’d come today you could have reached a whole nation – Israel in 4 BC had no mass communication». Additionally you can check out: http://centurean2.wordpress.com/2010/12/23/sheffield-man-kicked-punched-throat-stabbed-by-muslim-gang-over-snowballs/ Anyone can also check out this related post: https://filmscoop.wordpress.com/2010/12/22/jesus-christ-superstar/ […]

    Pingback di JESUS CHRIST SUPERSTAR – Trial Before Pilate / Superstar | Images of Jesus Christ | dicembre 24, 2010 | Rispondi

  2. Buon Natale

    Commento di filomeno | dicembre 26, 2010 | Rispondi


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